Per il Tribunale di Brindisi, diversamente che per altri Tribunali, l’interruzione della decadenza avviene al momento di presentazione dell’istanza di mediazione
(11 aprile 2022)
L'art 5 comma 6 del Dlgs 28/2010 statuisce che “dal momento della comunicazione alle altre parti, la domanda di mediazione produce sulla prescrizione gli effetti della domanda giudiziale. Dalla stessa data, la domanda di mediazione impedisce altresì la decadenza...”
Dunque, i termini di prescrizione e/o decadenza sono interrotti quando la parte invitata riceve la comunicazione dell'avvenuto deposito della domanda da parte dell'istante.
Potremmo commentare “in claris non fit interpretatio”. Eppure non è così secondo recente giurisprudenza.
Infatti, il Tribunale Civile di Roma, con sentenza n. 10502/2020, richiamandosi alla sentenza a SS. UU di Cassazione n 8830/2010, ha riconosciuto che l'istante adempie ai suoi incombenti nel momento del deposito dell'istanza e non deve attendere l'avvenuta comunicazione alla parte invitata.
Il Giudice ha motivato la sua decisione, richiamandosi ai principi della Corte Costituzionale sulla notifica degli atti processuali, ed ha ritenuto che, in caso contrario, l'istante dovrebbe affidare l'efficacia dell'attività da lui compiuta ad un soggetto terzo, sottratto alla sua sfera di controllo.
Gli fa eco la recente sentenza del Tribunale di Brindisi n. 260/2022 pubbl. il 23/02/2022, così motivata: “L'attività con cui cessa l' inerzia dell' attrice che avrebbe determinato l'effetto della decadenza è costituita dal deposito dell' istanza dinanzi all' organo di mediazione; le successive attività, che si completano con le comunicazioni alle controparti, non sono nella disponibilità del ricorrente e dunque restano estranee rispetto all' unico atto con cui il legittimato ad agire può manifestare concretamente la cessazione della propria inerzia, ossia il deposito dell' istanza di mediazione”
A mio parere, la decisione è difficilmente appellabile, perché logica e non contraddittoria, ma sicuramente non è conforme al dettato letterale della norma di riferimento, vale a dire al succitato art. 5 comma 6 del Dlgs 28/2010.
Il caso preso in esame dal Tribunale di Brindisi è relativo alla richiesta di annullamento di una delibera assembleare. Ed è noto che l'istante ha un termine decadenziale di 30 gg per impugnare una delibera. Qui l'istante aveva depositato la domanda di mediazione il 29° giorno successivo a quello in cui aveva ricevuto il verbale d'assemblea. Ergo, il Condominio aveva ricevuto notizia dell'avvenuta impugnazione oltre il termine dei 30 gg di cui all'art 1137 cc.
Ora, il Giudice ha tenuto conto del fatto che, interpretando la norma da un punto di vista esclusivamente letterale, l'istante avrebbe dovuto farsi carico di eventuali inadempienze dell'organismo di mediazione o del servizio postale.
In effetti se l'organismo di mediazione non provvede nell'immediatezza a notificare alla parte invitata l'avvenuto deposito dell'istanza, o se, come spesso accade, il servizio postale ritarda nel consegnare la comunicazione, l'istante subisce gli effetti della decadenza della propria domanda, per colpa di un soggetto terzo, sul quale, come correttamente ha notato il Giudice di Brindisi, egli non ha possibilità di controllo.
Ma mi chiedo, può un giudice andare oltre il dato letterale della norma quando questa è così chiara? Non rischiamo che la discrezionalità di un giudice stravolga i principi di diritto del nostro ordinamento? Molto spesso infatti siamo soliti ragionare su precedenti giurisprudenziali come se vivessimo in uno Stato di “common law”, anziché di “civil law”. Viceversa sono del parere che sia compito di ogni studioso di diritto tenere a mente la gerarchia delle fonti ed i criteri di interpretazione delle norme, per evitare che alla legalità subentri l'arbitrio.
Prendo atto dunque dell'orientamento giurisprudenziale manifestato negli ultimi anni dal Tribunale di Roma e dal Tribunale di Brindisi, ma concordo con chi ritiene queste pronunce espressione di un orientamento giurisprudenziale minoritario.
Condivido invece l'orientamento maggioritario (ved ex plurimis Sent. Cass. 2273/2019 - sentenza n. 1337 della Corte d'Appello di Brescia del 2018 -Tribunale di Roma n. 13981 del 2019 - sentenza n. 253/2020 Corte d'Appello di Milano) che sostiene che la domanda di mediazione sia un “atto ricettizio”, ossia efficace laddove venga portato a conoscenza del destinatario.
Ritengo però che l'interpretazione letterale del comma 6 art 5 del Dlgs 28/2010 debba anche essere contemperata con un'interpretazione sistematica del medesimo decreto.
Ciò in quanto, per ovviare al problema evidenziato dal Tribunale di Brindisi, relativo all'eccessivo onere imposto all'istante di farsi carico di inadempienze altrui, l'istante potrebbe anche decidere di depositare l'istanza di mediazione e contemporaneamente impugnare la delibera condominiale entro i fatidici 30 gg in Tribunale ex art 1137 c.c. In tal modo però ci sarebbe un ulteriore aggravio di attività (processo e mediazione insieme) e si depotenzierebbe l'effetto deflattivo della mediazione.
Ecco allora che potremmo superare il problema interpretando l'art. 5 in relazione all'art. 8 del Dlgs 28/2010.
Tale ultima norma infatti recita “la domanda e la data del primo incontro sono comunicati all'altra parte con ogni mezzo idoneo ad assicurarne la ricezione, anche a cura della parte istante”.
L'istante quindi, per non farsi carico di eventuali ritardi di notifica da parte di soggetti terzi, potrebbe avvisare personalmente la parte invitata il giorno stesso del deposito dell'istanza. Ed infatti alcuni organismi di mediazione affidano all'istante il compito di notificare personalmente. Senonché tale soluzione spesso non è praticabile e comunque non risolve il problema relativo all'inadempimento da parte del servizio postale.
Di conseguenza il mio consiglio per la parte istante è quello di essere diligente e prudente al punto da non ridursi all'ultimo giorno per depositare l’istanza di mediazione. Ma allo stesso tempo non ritengo corretto rimettere l'efficienza e l'efficacia della mediazione solo al comportamento prudente delle parti.
Se infatti il procedimento di mediazione è conosciuto come un procedimento informale teso a deflazionare il contenzioso nelle aule del Tribunale, occorre che sia il legislatore a disciplinarlo, in modo tale da evitare che gli avvocati, che assistono le parti in mediazione, si perdano in cavilli processuali propri della fase del giudizio.
Ad oggi, dopo l'emanazione della Legge Delega 206 del 26.11.2021, la revisione degli strumenti di risoluzione delle controversie alternative al giudizio è in itinere.
L'auspicio è che i decreti che daranno attuazione a tale legge concretizzino lo scopo ivi professato all'art. 1 comma 4 lettera e), e cioè quello di favorire in mediazione la partecipazione personale delle parti nonché l'effettivo confronto sulle questioni controverse nel merito e non già nel rito.